David Byrne – American utopia

2018 

Diciamolo subito, non è un album indimenticabile. Ho lasciato Byrne all’esperienza coi Talking Heads e a quell’album veramente eccezionale che è “My life in the bush of ghost” in collaborazione con Brian Eno. Poi l’anno scorso l’ho ritrovato a collaborare con St. Vincent e lì non mi aveva entusiasmato. Ecco quindi questo nuovo lavoro nato sempre col fidato Eno e che giunge per certi versi inatteso. I due senza dubbio hanno classe, conoscono la musica e sanno come strutturare un album. Infatti troviamo le tracce dell’album abbastanza coese, i ritmi sono quelli che mi aspettavo, anche se alcuni brani sono a mio avviso troppo rilassati. Abbiamo così ottime canzoni che ci rimandano ai momenti migliori targati Talkin Heads come “Gasoline and dirty sheets” e “It’s not dark up here” accanto a brani come “Here”, “Dog’s mind” e “This is that” che lasciano un po’ delusi. Il 45 giri radiofonico per il lancio dell’album (“everybody’s coming to my house”) è leggerino come d’altronde si fa di solito quando si deve lanciare un album e si cerca il pezzo più orecchiabile. Comunque i suoni sono cercati, gli arrangiamenti sono validi e tutto sommato l’album non è da disprezzare.

Voto: 3/5

 

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