2020
La band ha avuto il suo apice attorno agli anni ottanta, canzoni che erano piccoli quadri minimalisti dipinti. Poi si è sciolta negli anni novanta ed è tornata da una decina d’anni più prolifica di prima. Una prima parte più roccheggiante lascia il posto a una seconda dove il cantante recita più che cantare, da brani più immediati si passa a cose più elaborate, programmate. Il tutto si fa ascoltare anche se quel sound particolare che ce li aveva fatti piacere negli anni ottanta si è perso a discapito di cose più semplici. Restano alcuni brani che ci riportano a quel “ Fisherman’s blues” di lontana memoria e sono “Low down in the broom” e “My wanderings in the weary land” che, a mio parere, sono anche i migliori dell’album
Voto: 3/5