Moretti Massimo 1981 – 1983 Poesie

Memoria

 

Quando guardiamo

laggiù in fondo al viale

e il suono di un motore

non ci giunge più,

una lacrima scende,

una lacrima scende.

 

 

 

Poi che la vita fugge

 

Poi che la vita fugge

non cercare una domanda,

un pensiero per fermarla,

tu sola puoi capire

se riesco a dirti qualcosa,

a farti sognare un attimo solo

oltre le parole che non so dirti.

Poi che la vita fugge

non cercherò

nei fogli scritti degli anni

ma al di là di questo giorno

in un tempo strano

senza le stelle di una notte,

notte di un amore fantastico.

Poi che la vita fugge

non ti vedo dipinta d’azzurro

ma di un pianto senza colori

che ti cerca nei pensieri:

cercarti, cercarti,

come fosse così semplice

quando invece trovarti

è non sapere

su quale stella poterti guardare:

ma quali labbra chiuse non han risposto

all’urlare del mio silenzio

ho trovato strani pupazzi

sulla strada della solitudine.

Ma dove sei,

non fuggire,

voglio uccidere quelle tue paure,

dove sei,

dove sei,

non pensare alla mia follia,

sono migliore di quello che vedi.

Poi che la vita fugge

mi sono detto nei pensieri

che il volto di una notte

è soltanto l’ironia degli occhi,

che la vita ritorna o muore.

E la luna m’ha preso per mano

staccando il tempo

dal petalo di un fiore.

Tu lo sai che il cuore

batte una volta sola

e il cielo è caduto

dai fogli di un quaderno.

Ma dove sei

per poterti guardare ancora,

dove sei,

dove sei,

per un attimo d’azzurro.

Poi che la vita fugge,

poi che la vita fugge

quanti giorni ho mancato

nei sogni di una follia

e la solitudine resta,

un’airone bianco lassù nel cielo.

Un dipinto di fumo

che dissolve l’ultimo volto

di un sentimento finito,

occhi di smeraldo tessono

la sensazione di velluto;

lassù le stelle

sono vite

di una notte assassina,

il tempo dell’amore cade ancora

negli abissi del silenzio.

Ma dove sei,

sto cercando la tua vita

ma è difficile sai,

dove sei,

dove sei,

forse ora non resta il tempo,

forse ora non è possibile,

forse ora…è solo un’altra fantasia.

Il tempo è caduto

da una nuvola di tristezza,

occhi nella notte

seguono ogni tuo passo

e la luna è alta,

più alta dei colori del tramonto,

ho lo stesso sentimento che apre

le scatole azzurre della solitudine.

Poi che la vita fugge

un’altra notte è andata,

dove sei

quando i tuoi occhi sono belli,

quando forse sono parole,

quando senti di sbagliare;

dove sei

per poterti dire ancora

che la mia tristezza

lascia il posto ad un sorriso

ed è una stella

di un nuovo colore.

(un volo di rondine

nei pensieri di seta).

Questo nuovo amore

che solo il cielo sa capire

e i gabbiani volano,

di un sentimento che non esiste

s’è vestito il mio cuore.

Questo strano amore

che resta immobile nel tempo

come un fiore dipinto di vetro,

occhi di mercurio riflettono

le cose che senti dentro,

ma quale tempo resta

per un’altra felicità?

Poi che la vita fugge

non cercherò un’istante,

ma le parole di un attimo infinito

che ritorna e fugge e resta,

il bacio di un’altra primavera

come il mare di un’onda azzurra.

Ti ritroverò felice

disegnando castelli di tristezza,

le torri del silenzio

che cercano dentro

e non si spezzano mai,

dipingono riflessi e si specchiano

le parole che non trovo,

dipingono l’amore nei miei occhi

ma è un altro sentimento perso.

Poi che la vita fugge

nel volto il cielo

cade ucciso

da un altro pensiero fuggito,

e cos’è, cos’è

il volgersi inutile

nel cercare le tue labbra,

un gesto quasi assurdo,

una melodia per nessuno;

il cuore si traveste

di un falso mutante,

sembianze disegnate

da uno specchio di solitudine.

Ho imparato ad amarti

vedendoti così come sei,

le tue paure, la tua tristezza,

la tua voglia di vivere,

vedendoti ogni giorno diversa

e ogni giorno è più bello di ieri;

ma come il sole, anch’io

sto calando nella nebbia

di un’altra vita andata.

 

 

Troppo lontano

 

Troppo lontano,

eppur

così fortemente umano

che libera le volte del cielo

senza chiedere nulla.

Troppo triste,

eppur

come un fiore di cemento

per gli scultori primitivi

che non piangono mai.

Legati dalle parole diverse

come sere d’estate

quando il freddo

lascia un unico segno.

Eppur così profondo

egli resta sul volto,

un muto guardiano

di risposte malcelate.

Troppo umano

e lo chiamavano amore

senza sapere qual’era il gioco,

camminando d’inverno

il ghiaccio bussa due volte

e non so perché l’ha fatto.

Senza luci al neon

ci siamo scontrati sui fogli,

parole non velate

che creano i momenti.

Poiché un altro tempo è andato,

s’è interrotto o spezzato

senza il gioco dei perché

e l’analisi dei come stai

di poco conto;

chiamarti ancora,

eppur

sempre più fioca la voce,

ma anche questo è un segno

e non capisco se un volto

è poi così distratto.

Con gli occhi, si, e poi

ci siam parlati,

quelle frasi mai sentite

che a nessuno può importare,

per un attimo ti ho scritto

e sono pieghe nascoste di fogli.

Troppo difficile,

con quel tratto di biro

che non vuol essere mai;

sono uscito in strada

ma l’inverno era diventato

un aeroporto d’asfalto,

avanti e indietro

e fermo al centro dei rumori.

Senza molti perché,

senza pensare che non ha senso

ed era come il mare,

eppur è troppo facile amare;

di un falso sorriso che non muore

ho offerto la mia sera,

i bianchi cavalli sono morti

e la carrozza è ferma da anni,

nell’interno le ragnatele tessono ancora

ma solo il cielo non muore mai!

 

 

 

 

 

 

La vita è…

 

Cosa sei, il silenzio

che illumina le labbra finte,

le strade lontano

di un altro io che ti cerca,

le storie di un giorno

che diventano favole

mai vissute.

Sono ancora io,

l’altra metà che è felice

e cerca al di là

di una facile lacrima.

Cosa sei, ancora non è

cambiato nulla in te

ma sto aspettando quel momento;

non è difficile l’attesa,

prima o poi accade

e nulla resta più.

Sono il volto di chi non dimentica

le risate ironiche

o le parole di una voce,

le situazioni passate

sono tanti frammenti

che non s’incastrano mai

perché la vita

                 E’

e d’un tratto

                 NON E’ PIU’.

T’incontrerò ancora

in una scena poco convincente

fatta delle solite domande effimere

e resterà solo un bicchiere vuoto

per parlarti di un mio sogno.

Questa notte è strana,

una sensazione che non corre

e si frantuma in pezzi di vetro;

la tua immagine è anche così,

un gioco ad incastri

di cui ho perso le figure.

Ma ritrovarti non è difficile

anche se la tua scatola azzurra

ora è chiusa

di un dolore che non si vede

ma è triste in fondo agli occhi.

Figure di un tempo immobile

che ancora ridono,

non per molto è concesso,

il ritmo del vuoto

incalza vicino

ora che la vita

            E’

e ad un tratto

           NON E’ PIU’.

Non muoio mai,

sono l’altra metà che è triste,

cado e mi alzo

e cado di nuovo,

non mi fermo

a ciò che sta di fronte.

Non mi amerà nessuno.

L’unica mia follia

è di essere me stesso

ma non rifiuto l’idea

dei due volti della coscienza,

sono come la vita,

a volte         E’

e poi            NON E’ PIU’.

 

 

 

 

 

 

Noi vogliamo

 

Nei magazzini del centro

scatole di stracci sporchi

trasmesse da un notiziario,

una voce qualunque

per diffondere la morte.

Nei quartieri assassini

sento canzoni non umane,

la pazzia di un giorno

nelle pieghe dei vestiti,

la radio resta accesa

e incalza verso il centro

di un altro urlo cerebrale.

Un foglio, una bottiglia,

poca cosa per le rose,

un uomo dipinto di seta

che offre ai passanti

l’insperato desiderio

di un attore di plastica.

Nei magazzini di notte

gli occhi accarezzano il volto

con sottili lame di coltelli

e l’interno di un cortile

per morti di poco conto.

Un sorriso a volte,

le palpebre a volte,

un difficile gioco

che non supera il secondo,

tu che dall’alto di una fontana

ti tuffi nel cuore,

un pesce muto che solleva le onde dei capelli.

Un uomo randagio

e sentirlo parlare,

canzoni non umane;

un raggio trapassa i tuoi occhi,

la luce che non colora

ma si pianta nelle caverne

di un’altra paura.

Un gioco a volte

e la nebbia dell’ultima ora,

un’auto a fari spenti

che illumina i soliti pensieri.

Un magazzino, un arsenale, una scritta:

NOI VOGLIAMO LA GUERRA.

L’esistenza corre sulle ali d’uranio,

un sole più pallido

è nascosto dall’eclissi,

un cielo per pochi,

forse per nessuno

ma quando guardo lontano

voglio che l’azzurro

mi prenda la mano:

allora sì,     allora sì,      la vita.

Siamo uccelli senz’ali,

nei corpi dei nuovi morti

cancelliamo il domani,

Dio s’è nascosto

nelle pieghe delle tonache dei giudici,

nei pensieri fermi

corre la stessa ideologia,

odore di morte,

profumo di guerra.

Un mercato d’usato

che cerco da anni,

lungo i viali tristemente

la gente si getta nel fango,

un modo nuovo per cancellare

l’illusione, forse l’ultimo affanno.

Professori di pietra

dipingono un mondo inesistente,

dentro i palazzi d’argento

i signori stracciano la vita,

uffici di pochi eletti

della nostra prigione di sempre.

Alte, sempre più in alto, le stelle.

Cadono.

Stancamente un volo,

nella piazza la follia è giovane

e non guarda mai se stessa,

nei locali di fumo

la gente s’uccide a parole.

Un magazzino, un arsenale, una scritta:

NOI VOGLIAMO LA GUERRA.

Il flauto corre alla luna

di parole per sognare,

l’ordigno esplode dove di solito

si nasconde il cuore,

i giornali scrivono farse

da recitare secondo il copione,

il cielo è una bara

dipinta di stelle.

Un fiore ancora,

allora sì,     allora sì,      la vita.

Siamo pupazzi di cristallo,

stelle nucleari ci coprono la testa

e lassù           sempre più in alto,

il nostro amore perso.

Ti ho ritrovata

sotto anni di macerie,

ti ho rivista

con gli occhi un po’ sfatti

e quel volto, in fondo lo stesso.

Mi sono chiesto

a che punto è il cielo

e i pensieri contorti

della tua solitudine,

ti ho ubriacata

delle follie di un minuto

e tu scendi dalle vette

delle tue favole felici.

Ho distrutto con un sogno

l’allegria dei tuoi mille anni

e l’orgoglio strano che in te

vola sempre più in alto;

come onde del mare

i tuoi sussurri m’han risposto,

tu che corri

fra le dita di una mano

e agli occhi distrutti

hai detto:

“non è mai lo stesso giorno”

ma è come la sabbia,

un’oasi di poco conto

di un altro deserto invano.

Ho baciato la bocca di un assassino,

labbra fredde di un rossetto per pochi,

le sue mani ferme sul cuore

e un’immagine di rosso che s’allarga,

gli occhi sbarrati di sudore

nell’altra punta di una lama d’avorio.

Ho visto un africano bere vodka

e salire su un iceberg

affondato a metà

nelle notti gelide all’equatore,

un grido di scimmia

nella palpebra sbarrata,

un canto psicotico

dentro camice di forza

senza il senso di un perché.

In una fantasia trovi

lo spazio per una follia,

ti tuffi tra le onde del mare

cercato nel deserto per anni,

un sacerdote che uccide negri

nella polvere della strada.

Tu esci nuda dal bagno

e vedere quel fiore

per me è ammirare un sorriso,

quel tuo profumo di niente

che fa girare la testa,

le pupille si destano

nelle mani ubriache di sesso.

Si dilata l’impulso

di credere a un pazzo che canta,

nella notte assassina

l’amore fugge la paura

di un volto schizofrenico di violenza,

guardare la luna

è soltanto un luogo comune

in una sfida con la morte.

Ma come ti sei dipinta….

….questa sera,

hai gli occhi lucidi

e chi è triste sai,

forse non piange mai,

e cosa sussurri….

di tra le labbra

quando forse sai

che niente è più lo stesso.

L’odio non conosce la storia

e le mani impacciate

nei frantumi dei sensi

volte a cercare

di uno straccio sporco

delle vite di un uomo per caso.

Una notte

ridendo di un pazzo

ho riso di me stesso

e nella toilette di 3° classe

una siringa spenta

s’è rotta in tanti pensieri.

Non è la vita

ma la voglia di correre ancora

e nelle toilette di lusso

signore di lustrini e diamanti

vomitano un altro delitto.

La nostra solitudine

offre lo spazio

di una sola parola

ma tu che mi guardi

(sono spenti i tuoi occhi stasera)

m’hai detto che la vita

NON E’ PIU’.

Ho costruito un altro pensiero,

triste,     è inutile dirlo,

ma se non fosse così

forse non sarei nemmeno io.

La prossima volta che ti vedrò

non mi fermerò a guardarti

e non ti parlerò

dei sogni della vita,

ma allontanandomi piano,

dolcemente

t’accarezzerò il seno,

è un silenzio che non vedi

e la vita sarà soltanto

il vestito slacciato

di un altro amore andato.

Io sono la notte

e questa notte è per i ladri,

e questa notte è per gli eroi,

e questa notte è dei buffoni,

in una notte come questa

ho pensato…

di far vivere me stesso.

 

 

 

Quando tutto finisce

 

 

Quando tutto finisce

non rimane la tristezza

ma un desiderio più profondo,

i giorni senza tempo

di un’altra allegria;

non mi vedrai più,

è difficile vedere la notte

mentre lassù, in alto,

qualcuno scende.

Quando i giorni se ne vanno

ti ricordi di un altro tempo

e ti ritrovi ad essere come allora

e come allora piangi

al confine dell’anima,

come allora cerchi

una stella mai dimenticata,

come allora a volte

voli sulle parole

di un’altra poesia.

Come nuvole di un porto lontano

trovato per caso

nei pensieri di una sera,

questa sera che non corre

ma ti prende la mano,

senza chiederti nulla

sono tornato

e ho guardato davanti

a me stesso,

come nuvole di un porto lontano

trovato per caso

e mai raggiunto.

Quando tutto sta crollando

il nostro cuore non muore mai

e t’accorgi che la vita

stranamente si rinnova

e l’amore nasce

una seconda volta;

la follia attraversa i tuoi occhi

e porta lontano

il suo contenuto di tristezza;

sarai di nuovo felice

mentre la vita corre,

folle, all’indietro:

e poi, d’un tratto,

ho sognato i tuoi occhi

il silenzio delle frasi

che si rivela così importante.

Quando tutto sembra spegnersi

la nostra vita grida ancora

e mi troverai sempre

in un’altra fantasia

della stessa, profonda amicizia.

 

 

 

Quando tutto finisce

 

 

Quando tutto finisce

ti sentirai colpito dal niente

e le nostre catene

diverranno prigioni di silenzio

che non riusciremo a spezzare.

Quando tutto finisce

anche la morte cambierà aspetto

e sarà come pensare ad una festa

che solo noi potremo distruggere

ma finiremo presto di lottare.

E tutto finisce quando

lei sarà soltanto

uno straccio da usare

e le nostre parole non saranno capite

e non rimarrà nulla

per credere ancora in un sogno.

Ti lascerò credere che questo è un uomo

e fuggirò il tuo volto

ora che ho ucciso,

ora che dentro di me

mi sento incapace di amare.

Ti lascerò credere che è ancora vita la mia

e lascerò i tuoi occhi

ora che ho distrutto,

ora che dentro di me

non è rimasto che il vuoto.

Ti sto cercando

per ritrovare me stesso,

non uno specchio dipinto male.

Qual è il mio volto?

Dove sono?

Guarderò i volti della notte,

li annienterò tra le luci del silenzio,

senza pensare alla vita

sento che un sogno c’è ancora.

Dove sei nel mio corpo?

Quanti giorni mi hai distrutto?

E noi siamo artificiali

ma ai tuoi occhi credo ancora

anche se non so di essere vivo o morto.

Se riuscirò a trovarti

sarà il mio cuore a distruggerti.

 

 

Soffici malferme

 

 

Sognando la fine tornerò ancora

Per vedere negli anni

Liberando la morte.

E’ strano ed inutile

                Chi dipinge

                Gli occhi chiari.

Soltanto una lacrima

Nella disperazione dei ragazzi selvaggi

Che non amano mai.

Rubando la solitudine

           Mi guardo

           Nelle prigioni.

L’incubo è nell’aria.

Nello specchio

Del tempo della vita

Nel deserto dei sogni del tempo,

volano dentro di me le illusioni

pensando a quel volto.

Parlarti dei giorni.

Nel silenzio sulle stelle

Un sogno cerca il suo silenzio.

Fuggi,

non è facile.

Soffici malferme stelle lontane

Soffice morte pesante nel cielo.

 

 

 

Dopo

 

Dopo le voci che ho distrutto

ti ho sentita ancora dentro,

ti ho sentita di nuovo mia,

scorrere attraverso i giorni

e salire piano alla mente,

come volere entrare in un segreto

nascosto a tutti ma non a te.

Dopo aver visto il cielo crollare

ho ridipinto me stesso

lasciandomi trasportare

da quel pensiero che non muore mai

ed è fragile nella sua presenza,

come uno strano angelo azzurro

nascosto agli altri ma non a te.

Senza gli occhi, senza le labbra,

per non so quali giorni

e poi ritrovarmi di nuovo

come il sole che non muore,

come un fiore che non parla,

nascosto al tempo ma non a te.

Un pensiero soltanto,

 venirti a trovare dove sei

portando con me il sorriso di un tempo.

Quanto pesa il fumo che esce dalle labbra,

i tuoi occhi nel posacenere,

quante notti porterò nel bicchiere

le tue parole che dondolano inermi.

Vedrai la mia immagine

nel vuoto della mente,

la festa non inizia mai

ma senti quando finisce,

troppe ferite stan dentro la noia,

le situazioni non si muovono,

nella mia prigione non voluta

cerco le stelle, rifiuto il sole.

Poi ad un tratto,

nemmeno il silenzio può servire

e mi ritrovo ancora solo

con un pensiero tra le dita.

I colori di un vetro infranto,

i fiori nel giardino d’inverno,

il ghiaccio dentro la testa,

il cielo non può capire

e tu nascondi la tua indifferenza.

Mi siedo e dinnanzi la vita,

gli occhi mi dicono basta,

non riesco, ed ora penso

di farla finita.

Un pensiero, un istante, una vita,

non è mai il momento

per sentirsi come uno straccio,

la bottiglia ancor vuota

e cosa sto facendo

fra le nuvole di frasi lontane,

ascolto, non parlo

e non è mai il momento

per pensare di farla finita.

La luce accesa a due passi dal mondo,

il cielo buio pieno di stelle,

ho comprato la luna stasera

ma i miei occhi non vedono nessuno,

non è ancora tardi

per poter sbattere l’uscio!

Un sorriso, ti spoglia, ti guarda,

riprende i suoi gesti con calma,

sei nudo, hai chiuso, sei vinto,

un ponte, una notte,

il disprezzo di te stesso,

un tuffo nell’acqua

il solo pensiero

di farlo più in fretta

ma non è il modo migliore

per farla finita.

I miei occhi ti guardano,

sei strana,      sei lontana una vita.

Un’ora diversa,      un’ora incostante,

la noia,     la delusione,

non è certo il tempo migliore

se non trovo nemmeno la voglia

di fare l’amore.

Una lacrima                  non serve a nulla,

una parola,                   nemmeno un libro può bastare,

ho distrutto tutto

e non me ne sono accorto.

   Nel lavandino due mani fredde,

    l’acqua gorgoglia nelle ossa,

      gli occhi rossi, il volto pallido

        il suono della sveglia,

          il tocco dei secondi,

            mi alzo,

              un pensiero soltanto,

                il letto disfatto,

                  il volto cambiato,

                    mi vesto in fretta,

                       riprendo il cammino,

                         i passi sono gli stessi,

                            i pensieri cambiano,

                              sto già lottando,

                                 mi sento un altro,

                                   non mi riconosco,

un nudo di donna attraversa la strada,

                                       non so dove andare,

                                         non so di esistere.

La rabbia,

  la confusione,

    la paura di scoprirmi un altro,

        mi fermo,

          riprendo,

            mi fermo di nuovo,

pensando a quel volto,            a quegli occhi,

ma non è questo il momento,

non è questo il momento

per gettarmi addosso la vita.

Dove sono per poter reagire

e scrollarmi di dosso questa paura:

quanti giorni se ne sono andati,

quanti giorni passeranno ancora?

Il fumo esce dalle labbra,

la biro si muove incerta,

non riesco, è tutto troppo lontano,

le luci si sono spente

e tu ad un tratto diventi importante,

non voglio certo pensare

che tu possa essere sola:

oggi verrò, con un nuovo pensiero

tra le dita,

poi ce ne andremo.

Più tristi e più felici di prima.

Sensibili al cambiare del tempo

ti ho lasciata

stranamente mia,

le tue labbra, il cielo,

chiederti un bacio da lontano

sapendo di restare come ieri.

Cosa sogno ancora,

è finita,

nei miei occhi il vuoto,

i miei occhi sono il nulla,

sentirmi dire ancora

quelle stesse parole

e continuare,

il cielo contro un muro,

come in fondo alle nuvole

un calice alzato

per brindare alla tristezza.

E’ la follia che giunge

in fondo a me,

dentro il mio tempo soltanto,

i volti se ne vanno

con l’ironia tra le labbra,

posso fare solo un gesto

ed è vecchio di altri cent’anni.

Guardami, ora non sono come vuoi,

non s’inventa la felicità,

stranamente il silenzio,

ecco cosa resta,

ecco forse cosa mi chiedi,

di non poter pensare,

di condannarci ai sottintesi,

di urlare forte non ci sono

già sapendo di essere presente,

è una giostra questa vita:

ho dimenticato il biglietto

nel vestito che ho gettato.

Ieri ero prigioniero

di un sogno,

oggi lo sono

della mia libertà.

 

 

Se tu vuoi

 

Se tu vuoi noi ci ameremo

con le tue parole

 e i nostri silenzi

guardando dentro il cuore

per rubare un’altra follia.

Siamo noi i poeti della vita

insinuando le solite frasi

nei nostri ineguali luoghi comuni

e avvelenandoci di parole.

Se tu vuoi noi vinceremo

e sarà solo per un attimo,

quando tu mi cerchi sul volto

un alone di mistero

e ti diverti a giocare

con le favole antiche dei sogni.

Siamo noi i fili spenti della vita

con le nostre polemiche assurde

e i sorrisi ironici delusi di perfezione.

Se tu vuoi noi ci parleremo

con i tuoi occhi e i miei silenzi

come sono le notti di stelle

quando fuggiamo su un altro pianeta.

Siamo noi i fabbricanti perduti

di speranze mancate per sempre,

mercanti di deboli sorrisi

strappati ad una bottiglia vuota.

Se tu vuoi noi ce ne andremo

con le tue paure e le mie illusioni

quando in cielo la luna risplende

al lieve richiamo del tempo.

Non cercarmi,

questa notte mi nasconderò

e i miei pensieri

si perderanno lontano

e non mi riconoscerai.

Siamo noi gli occhi

che in una notte azzurra

restano annoiati a guardarsi

avendo paura di scherzare

e di ciò che la gente può dire.

Se tu vuoi noi costruiremo

un robot senza mente

ma con un cuore grande

e quel giorno saremo come i bambini

quando giocano senza pensare.

Siamo noi i ladri

del nostro tempo,

noi che restiamo ore seduti

per odiare i nostri perché.

Se tu vuoi, a volte,

si può provare,

anche se si è solo in due

e si può rischiare di sbagliare.

Siamo noi a brillare nel cielo

quando splende una scintilla

che si allarga negli occhi

e si confonde coi sorrisi.

Se tu vuoi noi saremo sempre così

e questa amicizia non finirà

anche se a volte basta un niente

quel niente non sarà.

Siamo noi che dobbiamo liberarci

delle nostre paure

e piangere o ridere

ma vivere sempre.

Se tu vuoi noi ci ameremo

con le tue labbra

e i miei occhi,

camminando nel silenzio di una notte

mentre il mare avrà solo

parole d’amore

e tu sarai l’unica stella

e non avremo più paura.

Se tu vuoi noi ci ameremo

con i tuoi occhi e le mie parole

e non avremo più facili tristezze.

E non sarà più un sogno

e non sarà per un istante.

 

 

 

Dove sei

 

…e svanisce lentamente

senza che io,

senza che nulla,

ma il tempo ritorna

e si perde nella nebbia.

Sono solo un’ombra

nel cielo di domani

e tante lune passeranno

e tante favole racconterò.

Tu mi ascolterai

guardando le foglie gialle,

ma a volte mi chiedo

  • Cosa c’è che non va?-

e un pensiero di passaggio

mi sfiorerà le labbra.

Cos’è questo mio silenzio

e a che punto è la notte?

Questa notte magica

che può farmi strisciare

o toccare il cielo con le mani.

Ti ho parlato

e in questi istanti

c’è solo un silenzio,

un’oasi di un villaggio deserto.

Sono allegro, non vedi,

sto danzando,     sto piangendo

sto vivendo,        sono follie ormai,

                              ma tu,

                              tu ora dove sei?

…e svanisce lentamente

senza che io,

senza che niente,

i colori si sciolgono,

tanti arcobaleni sono tra noi,

l’inverno è dentro gli anni

ma ho un sogno nella vita

ed ora sono un pagliaccio,

non fuggirò:

         te lo dirò piangendo

         te lo dirò ridendo,

sarò triste, sarò felice,

un’alba rossa di un villaggio deserto.

Ma negli occhi c’è un silenzio,

nelle labbra tacciono le parole,

sono l’acrobata di un circo.

Tu mi guardi

ed io chiedo sempre di più

ma in un’amicizia come la nostra

non dovrei chiedere mai,

per quanto tempo ancora

il silenzio triste di un villaggio deserto?

…e svanisce lentamente

senza che io

possa fare qualcosa,

mi lascio dietro le foglie cadute

un attimo fa

dalle mani del cielo.

Cosa ti dirò ancora,

vorrei che tu,      per un istante,

forse il tempo     per esempio,

ma i sogni non diventano realtà

e un pensiero si spezza

cadendo da un bicchiere di cristallo.

Forse questa notte

non riuscirò a dormire.

Le parole che nascono dentro,

i silenzi che escono dal cuore,

questo mio volto fin troppo normale

e i pensieri strani che ho dentro,

cosa mi porta questa sera,

quante stelle mi offrirà la luna,

                           ma tu,

                           ora tu dove sei?

 

 

 

Io non esisto

 

Io non esisto,

sono pagato per sognare,

sono ubriaco di pensieri.

Se mi chiedi cos’è l’amore

ti dirò che non lo so

e se mi chiedi quant’è lontano

ti dirò che non esiste,

il cielo è troppo lontano

per sfiorarlo soltanto con una mano.

 

Io non esisto,

soltanto una sensazione

provare a giocare con a vita,

quando il cuore batte forte

so che è un’altra illusione

e nella vita cerco la morte.

 

Io non esisto

se so che il tempo s’è fermato

e non ho un’altra occasione

per poter ridipingere i colori,

so che non posso riuscire.

 

Guardami,

forse è il mio ultimo sorriso

 

Guardami

ma solo negli occhi velati di pianto

 

SOLO PER QUEL CHE PORTO DENTRO

 

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