Moretti Massimo 1978 – 1981 Poesie

Sull’altra sponda

 

E pensare che siamo tutti qui

con quelle nostre stupide storie,

mentre passava l’ho salutato,

ma lui vedeva soltanto la sua strada.

Fuggire, fuggire, quanti se ne sono andati.

Un fiore scivola dalle mie mani

sul tuo seno, sui tuoi occhi,

ma c’è una presenza che rompe i sogni,

come un ricordo che sveglia i dolori.

Apri gli occhi come in un gioco

ma io sto già piangendo

perché sto pensando

ma deve siamo

è tutta un’illusione.

E mi disse cosa pensi

e mi disse cosa aspetti.

Me ne andai,

gli amici mi chiamavano,

non volgevo loro la faccia

solcata da lacrime,

ma andarmene perché?

La polvere dell’odio

accecava i miei ricordi,

perché tornare in strada

dove il vento infuriava,

sempre solo, come sconfitto,

e la vita se ne andava.

Chiedevo la libertà

per chi è e non è

per chi prega Dio

per chi è già morto,

l’amore per chi non è stato amato mai.

Vedevo più in là

di una semplice lacrima

all’altra sponda del dolore dove sola piangevi;

io volevo sognare

e ti vedevo sola

all’altra sponda dell’amore.

 

 

 

Ormai

 

Monumenti di marmo antico

dove il sole avvampa d’incanto,

ci sono teneri amori distrutti

ed anch’io ho vissuto lontano.

Scogli di rocce passate

dove sedevo a guardare

un mare che solo parlava

ed io ho vissuto tanto.

Il fiume nasce libero

ma poi raccoglie i rifiuti

e cerca un lago nel pianto

ove tu puoi cogliere i sogni.

Divine si alzan le stelle,

i sussurri chiaman la luna,

i tuoi occhi dolci nascosti

là in fondo ai pensieri di ieri.

I suoi occhi sono crudeli

e si spezzano col fuoco

ma la furia omicida

non gli varrà la vita

non gli varrà la vita.

Ma nelle mie parole

ho sempre il dolore

anche se ormai col tempo

non ci penso più.

Sconfitte in neri silenzi

son le mie tacite labbra,

il cuore risuona di note

tristi al passare del tempo.

L’uccisero in un giorno d’aprile,

l’ho visto morire contento

indicare col dito le stelle,

gridare perdono alla morte.

Ma gli occhi miei son sussurri,

non risponde più il suo sorriso,

una vita perdeva le ali

mentre il sole cadeva dall’alto.

Penso ai colori dell’aria,

al tuo piccolo seno dipinto

e nello specchio incantato

vedo il tuo volto smarrito.

Una foglia cade dal cielo,

si risveglia nel corpo il profumo

di un fiore strappato ad un canto,

il mio amore è un’armonia

che trema nei tuoi occhi.

Ma le parole risuonano di tristezza

Anche se ormai col tempo

Non mi chiedo più il perché.

 

 

 

Intorno a me

 

 

 Nascono dove muore

ma lo so, anch’io ho visto,

loro morranno

dove sento la mente

colpita dai raggi, dove vedo fantasmi

aggirarsi nel corpo.

Vago tra la gente

che non ama più,

sono nel vuoto,

forse una ragazza mi chiamerà,

ma l’amore non nasce

dove c’è questa realtà.

Inquietudine.

e poi il nulla.

La mia generazione è ammalata,

ci sono tanti perché,

cerca ma incerta vaga,

non crede in Dio

ma poi lo cerca con disperazione:

sono passate tante storie,

sono passate tante lune,

tante luci si sono spente.

Intorno a me

una chitarra canta

ma non sono io,

intorno a me qualcuno urla,

ma non ho più occhi per sentirlo.

 

 

 

Favole

 

Il vento che passa

               narra le favole

di vecchi fantasmi.

 

 

 

Anche se

 

Si sono alzate le onde,

nel corpo nasce un fiore

non è credere o non credere

è inutile ormai

anche se il rito muore

anche se vive sui monti.

Sono trafitti nell’asfalto,

ma non sono diamanti,

non è l’essere o non essere

ma l’uomo che può sbagliare

ma l’uomo che sta odiando.

Vedo il mio corpo

cadere nel vuoto,

la mia voce muta

che ti dice addio,

anche se ti ho amata,

anche se ti ho odiata,

resta la sconfitta

per non averti capita.

 

 

 

Non sono le parole

 

Ed è di nuovo la solitudine.

come un mantello che scende

quando la notte cammina.

Come una triste allegria dopo

un bicchier di vino.

come un grido di morte

che piano sussurra il mio nome.

Ed è di nuovo l’impotenza

di sentirmi vivo.

Non sono le parole

ma la musica e l’amore

che cantano

la nostra amicizia.

 

 

 

Un raggio

 

Un raggio scende nel lago

nel vuoto dello sguardo.

Un sorriso                 un ciao a forse mai

mentre il raggio si perde nel lago

 

 

 

Quel volto

 

 Quel volto sconvolto

che lo specchio.     Rompe.

I lineamenti di occhi

                deformi

cadenti nel vuoto.

Le rughe di pelle.

Io vecchio

e l’auto folle

le tue urla.

              Pazzo

Io giovane.

             Voglio vivere.

La luce, i capelli corti diversi,

forse un raggio di luna nuova,

sono un volto che ascolta

il silenzio

     di

mille suoni.

 

 

 

 

 

 

E’ il tempo

 

Ed è il tempo di note

che scoprono i colori,

di voci che non dico umane.

Ed è il tempo di volti

urlanti nella notte,

della paura della solitudine.

L’arte è un incubo che

parla della vita.

 

 

 

La luce

 

La luce fissa

su carta rotonda

il suo velo di tristezza,

un suono ucciso da deboli urla.

E’ più bello nei sogni

se la mente non corre lontano

ed io sono fuggito con gli occhi vuoti

di un mondo che

non riesco a capire.

Vedo giovani che uccidono giovani

vedo un sole grigio polvere

penetrare il metallo

trasparente della morte.

Nella vita non c’è amore

ma solo il pianto

di mille generazioni,

io sono solo

io muoio solo;

non è il tempo di sorridere lacrime dentro

per un fiume che scorre,

per le parole

che non riesco a dirti.

 

 

 

Padre

 

Ceneri nude

si colpiscono la carne.

Pensieri difformi.

Certe volte lo vedo vecchio,

i capelli bianchi

e quel viso stanco

di chi aspetta

la morte.

 

 

 

Il veleno di un fiore

 

Il veleno di un fiore

è essere soli nella vita,

è non avere più un’idea.

Sarebbe facile ora

capire qual è l’errore

ma non avere più speranze

vorrebbe dire morire

senza aver tentato

di guardare il sole.

Il veleno di un fiore

è la pelle bianca

che nasconde la sua paura.

Sarebbe inutile ora

pensare al passato

ma guardare questo giorno

vorrebbe dire restare

con gli occhi persi nel vuoto

a domandarci ancora se la rabbia cede il passo all’inerzia.

Il veleno di un fiore

è l’amore che non parla,

è il silenzio che avanza;

sarebbe inutile ora tentare di chiedere

alla musica di tornare,

la luna non cambia nel cielo.

 

I figli del ventesimo secolo

 

 

Questo è il tempo della solitudine!

Voglio rivedere i soliti volti

e rivederli uguali a prima.

Un altro giorno cambia il tempo,

ma io sono una stella,

una stella senza luce.

I figli del ventesimo secolo

non guardano il sole,

non amano mai,

il loro volto è il nostro,

angoscia silente dell’ultima vita.

I figli del ventesimo secolo

non sorridono mai,

non parlano mai,

il loro volto è solo il mio,

solitudine folle dell’ultima morte.

La vita è un cerchio dove ritorni a morire!

Ci vuole coraggio per vivere,

occorre una stella che pianga per te;

è la nevrosi del ventesimo secolo

che ci afferra per le strade

vorrei che tu mi capissi

ma non so nemmeno io ciò che voglio,

è la solitudine del ventesimo secolo

che ci afferra per le strade

che non lascia il tempo

di trovar parole.

I figli del ventesimo secolo

urlano rabbia e amore

ma sanno che la libertà

è solo un sogno,

che il loro silenzio non parla ancora.

 

 

 

A volte penso

 

 

A volte penso

a ciò che noi pensiamo,

alla danza crudele

che ogni giorno cantiamo,

ci sputiamo in faccia le nostre verità

viste dagli occhi degli altri,

filtrate da vetri al quarzo

che spezzano il tempo,

da elisir d’acciaio

che iniettano il loro veleno.

A volte penso

ai nostri volti sporchi di fango

uccisi da parole incatenate,

angeli sporchi di sangue

ci ubriachiamo dei nostri sorrisi.

A volte penso

che può bastare un piccolo nulla

per essere amici

e quel nulla lo troviamo solo

in certi volti,

ed è già molto per non morire.

A volte penso

che sono stanco

che tutto ciò

che faccio

non serve a niente,

soltanto a mascherare l’inerzia

della pioggia che cade.

A volte penso di vedere

tristi sorrisi,

poi mi stanco anche di pensare.

 

 

 

Uno spazio immenso

 

Nei cieli del tempo,

nelle cose sepolte dagli altri,

ritrovo le nostre vele azzurree

e quei diamanti luminosi

che mi dici di combattere,

uno spazio immenso e poi…

tutto è buio

anche la luce rossa che dalla finestra

 cade sulla neve,

nei miei pensieri,

uno spazio immenso e poi…

sognare e trasformare,

la vita può iniziare,

può bastare così poco,

non dire niente

ma mostrale il cuore,

io piango

rido

forse amo,

uno spazio immenso e poi…

 

 

 

Ho lasciato il tempo

 

Ho lasciato il tempo,

ho lasciato il tuo volto

la solita silenziosa

nebbia immobile,

mi manchi.

 

 

 

Buon anno

 

Tra di noi il solito

buon anno

per poterci uccidere

meglio domani.

 

 

 

E cosa ci resta

 

E cosa ci resta

se non la nostra voce

e quell’istante che chiamiamo amore

se non si può continuare.

La vita è sempre la stessa

                  la vita è sempre la stessa

e noi siamo uguali forse,

siamo sempre più soli,

ma lo so da troppo tempo.

E cosa ci resta

se non un sorriso

quando siamo ubriachi

e quei pochi istanti

in cui vogliamo parlarci

e il tempo scivola

     e ride

           e colpisce.

E cosa ci resta

se non la nostra tristezza

e la morte che cerchiamo

e la morte che ci può salvare.

E cosa rimane ora

se non riusciamo più

ad essere amici,

e cosa resta ora

se non quella strana voglia

di ricominciare,

di lasciare al vento

ciò che sta accadendo,

e quell’assurda voglia

di baciarti,

non ci vediamo da due mesi.

E cosa resta ora

dei nostri sogni insieme,

delle tue,

nostre poesie,

appena il tempo per ricordarle.

E cosa resta ora

se non pensare e tentare ancora di morire di nuovo!

Vado a morire verso l’ultima nebbia,

il mio suicidio

è nell’ultima ombra,

quando non parlo più e non esiste un perché,

il mio suicidio

è senza un motivo,

se vi ho amati

e vi amo ancora,

ma la nebbia è scesa,

ti mostrerà soltanto

la rabbia dell’amore.

Sembra strano dire ora ti amo,

sembra strano ritrovarci

ancora più forti

ma sempre più stanchi.

E cosa resta ora

se tu sei triste,

e cosa resta ora

se non riusciamo a danzare!

Vorrei sapere

chi ci ha spinti

per potergli dire grazie

perché morire è difficile da soli

ed è inutile

e non sai per chi lo fai.

E il tuo sorriso

e la follia      e il pianto,

vorrei chiederti per una volta

come va

e scoprire

che per una volta sei felice…

ma è uno strano sentimento assurdo.

E cosa resta ora,

nemmeno il tempo per guardarci ancora.

E cosa resta ora

se non lo stesso dolore

di ieri

e quella voglia

di fare l’amore!

E se la luna

perderà l’altra luce

a me non resterà nemmeno

                Un’ultima notte.

 

 

 

Un giorno

 

Un giorno

E di quel giorno

Resti tu.

 

 

 

Il nostro

 

La nostra giustizia

è in tombe-fossili

in diamanti cielo-eterno,

la nostra giustizia

la faremo noi

senza leggi-truffa

conservate in barattoli

sperma di giudici.

Il nostro amore

l’inventeremo noi

senza lucidi oggetti

di rosso buco-continuo

e cinema di s/porco denaro violenza.

Un odio fluorescente

di morbidi metalli.

Finestra-panorama

di un cielo iridescente.

Occhi vuoti e ceneri sparse

su carta-vetro di putrido sangue.

Orrori di automa-robot di carne,

mistici sembianti uomo-fantocio,

il burattino che ci fa il verso

di urla soffocate.

Macchine-cemento

e trapano-carta      foro

                               per nuovi morti

Cervello bruciato    spezzato    disintegrato

da gas nervino,                          guerra-male

del ventesimo secolo.

Ragazza urla morte,

castrati da occhi-lama

di amanti-sesso,

la prigione inconscia

di un corpo trafitto.

Trigonometrie ferite

di ventri assaliti

dal sesto piacere

mentre le nubi-rumore

danzano ancora

l’inquietante notte-illusione.

La nostra libertà

è al di la di ogni affare,

in cieli di confusa tristezza,

la nostra libertà

la conquisteremo noi,

senza il sottile gioco

di politica-potere

e di un’ideologia slogan-strumento.

La nostra amicizia

la cercheremo noi,

senza interessi-falsità

di stanze deserte,

polvere ubriaca gettata al mare.

Con le nostre

parole-sentimenti

liberate dalla paura,

asfalto-velo di neon accesi

aspettando qualcosa

di un istante eterno che non verrà.

Un uomo morto

di stelle a 5 punte,

un uomo vinto

da governi violenza in nero,

un uomo bruciato

dagli     stessi-diversi assassini,

in quale longitudine-direzione

non importa

in quale abito

non importa,

in quale bastarda città,

in quale farsa-rivoluzione,

quando è moda

il male è lo stesso.

Le nostre idee

in geometrie-fantasia assurde

portano con sé un altro codice

dove le cifre non sono scritte

da volontà represse e alienazione.

il nostro prossimo incontro,

una festa inventata

per uccidere la solitudine.

Ragazzi monocromatici

di pensieri grigio-verde

lanciati dal satellite-universo

dentro fitte nebbie,

ridere uno dell’altro

per essere più forti-morti,

aggressioni senza crocefissi

gettati nella merda

per chiedere se

vive o no,

lame-disintegrate,

e tutto ciò si deve creare,

di nuovo,

diverso.

Re pagliacci

che non suonanao chitarre

un bambino è morto

di fame

di violenza

di sangue

di odio

davanti alla TV.

Fiori a crescere

sulle rive di un altro pianeta.

Si sente già

l’odore dell’uranio,

centrali nucleari-chiese

senza divinità,

bombe al neutrone;

profondi

teneri

occhi

verdi

appena

nati,

non voglio e non vorrei

sapere che sono morti

appena usciti dal tuo ventre.

 

Fiori a crescere

per sentire il profumo

che ci toglie un po’ di tristezza,

sul tuo seno ora,

sulle tue labbra

di un cielo a venire.

Il nostro amore ora!

 

 

 

 

 

 

Nei nostri

 

 

Nei nostri assurdi spazi

di parole recise.

Soltanto.

Dal gioco del vento.

Le tue ossa bianco polvere

fanno l’amore

con la morte di Jim.

Calore di ghiaccio

di membra umide

nella bara sconvolta

da urla diverse.

Il tenero corpo

non sente il piacere,

non prova il dolore,

le stelle scivolano via.

Sempre.

In una notte di luna.

Alle nostre sbiadite carni

sarà un’ironia nascosta

a dipingere il sorriso

mentre l’amore cade, sepolto.

Sarò un nazista

nel tempo di domani,

al centro elettronico dati

è stata comunicata

la mia follia.

Occhi non visti

ascoltano

la nostra morte bianca.

Il deserto del mio silenzio

e della nostra pazzia.

Non ti vedrò più.

 

 

 

In un giorno vuoto

 

In un giorno vuoto

nei tuoi occhi,

mentre le stelle

coprono il sole,

non voglio più vederti

e non ti voglio parlare

perché mi dai l’amicizia

quando io non ti do nulla,

quando io,

soltanto la mia tristezza

nella tua immagine.

In un giorno vuoto

di un momento

non voglio più vederti

perché ho paura

e vivo soltanto a metà,

sono sconfitto un’altra volta,

anche questa importante.

In un giorno vuoto

ho perso il passato

e non voglio dimenticarti

perché mi cerchi la vita

in un mondo di niente.

Voglio cercare un foglio bianco

per poterlo disegnare

e quei colori sarebbero i tuoi,

ma forse non ci sarà più tempo,

se tu sorridi

non voglio mostrarmi triste

e con idee di follia

che ti rubano la libertà.

Fra le strade deserte

di un giorno vuoto

è rimasto soltanto un amore.

In un giorno vuoto

ho pensato di amarti

ma è sempre il pensiero sbagliato

quando so che poi tutto crolla,

tutte le speranze se ne andranno

e rimarrà soltanto

quella strana voglia

di baciarti i capelli,

di correre lontano

e non lasciarti più.

In un giorno vuoto

è solo la tua immagine

nei miei occhi,

la tua immagine

che s’incontra coi miei sogni

quando la notte resta solo per piangere.

In un giorno vuoto

ho pensato

che questo amore

porta soltanto dolore.

Resta solo l’illusione

che nelle stelle a venire

ti dimenticherai del passato

e riuscirai ad amarmi,

ma in questo giorno vuoto

può morire

anche

un’illusione.

 

 

 

 

 

 

Come dici ci si sente

 

Come dici ci si sente

quando non basta più sognare

e cerchi di più

e nelle mani aperte non trovi niente,

come dici ci si sente

quando il vuoto dell’amore

lo senti vano dentro di te.

Come dici ci si sente

quando ci si guarda allo specchio

e riflesso c’è un altro volto,

quel volto che non si vorrebbe

mai avere,

come dici ci si sente

quando le cose che cerchi

si dissolvono dinnanzi a te

senza riuscire a capire nemmeno

se ti hanno odiato o amato.

 

Ma a che serve e che importanza ha

parlare ancora di una mia follia?

 

 

 

 

 

Forse domani

 

 

Dove siamo con la mente lontano

in clessidre rovesciate di sabbia,

dove spingiamo i nostri occhi

per oltrepassare il muro di un niente,

dove pensiamo di portare

il nostro filtro già usato

per chiedere ad un amico

una risposta già data.

L’espressione del cielo

suonata da accordi

senza speranza

per abbandonare quel senso

di qualcosa in più

quel sentimento dentro

che non tornerà.

E un fiore mai trovato

è dentro nel cuore,

quel piccolo grande

pezzo di cielo

che vedo e fuggo

e il tempo no, non è un giocattolo,

e il tempo no, non è il mio sorriso,

uno specchio di due immagini,

un sussurro dentro,

che lento mormora:

forse domani…

forse domani…

un altro cuore di vetro.

Dove siamo

quando ci cerchiamo,

dove siamo

a rincorrere

gli occhi di un cerbiatto,

dove respira il polmone d’acciaio

racchiuso da strati diversi di pelle

per capire ancora una volta

che l’amore non esiste per noi.

Le parole confuse

che stringono le labbra

inutilmente aggiungono

la parola fine

a quella speranza rimasta

e anche la notte,

la stessa notte di sempre

scopre me stesso

nel fondo dell’anima.

Dove siamo innalzando

le torri del silenzio,

dove siamo

quando cercarci

è la cosa più bella,

e vederti, sei ancora tu,

nella pelle che freme:

forse domani…

forse domani…

un altro cuore di vetro.

 E sento che dentro

qualcosa si è rotto,

non credo più ormai,

in ogni giorno che rubo

il mio pensiero s’agita dentro,

forse riuscirei ancora,

vorrei sempre vederti

ma dove siamo

non c’è il tempo per due libertà

e tu sei troppo importante,

tu sei il fiore che è sempre mancato

nei colori

del mio mondo,

forse domani…

forse domani…

potrò gridare

oltre l’amore.

 

 

 

 

 

Solo il cuore ci resta

 

 

Voliamo in un sogno

e lo dipingiamo del nostro colore

e la vita è una piccola cosa

se non riesce a darci la vita.

Negli occhi abbiamo quel senso di vuoto

dei giorni della noia

che un altro sorriso

può scoprire felici.

Ora non credo più,

ora non sciolgo più

le mie mani al vento,

ora posso pensarti

e in quest’istante

ritrovo il mio volto vivo,

ora riesco a vederti

e torna il tempo dell’amore.

Forse solo il cuore ci resta,

solo il cuore.

Siamo statue di cera

che non sanno più cosa dirsi

o pierrot di un altro mondo

con la voglia d’inventarci,

siamo scolpiti nel bronzo

da un’artista più grande

o vite in piccoli spazi

con la voglia di scoprirci,

siamo dipinti immortali

di un disegno perfetto

o ci perdiamo in occhi infiniti

con quella voglia d’amare.

Forse solo il cuore

ci resta,

soltanto il cuore.

 

 

 

Chi è l’uomo?

 

 

Uomo, chi è l’uomo?

E’ il clown coi riflessi della follia

o il niente di uno sguardo vuoto?

                  Uomo, chi è l’uomo?

è lo straccio degli istinti animali

o la voglia, quella voglia d’amare?

Lui diceva di essere libero

ed aveva appeso i pensieri

a un monumento di marmo antico,

diceva di non amare

perché l’amore scolpisce

solo il pianto,

diceva

che era inutile piangere

e aveva gettato

i suoi occhi nel mare.

Il suo nome era uno dei tanti,

amò solo una volta

di attimi dipinti

che vedeva nei suoi occhi,

vinse solo una volta

e fu quella sera che s’uccise.

Era strano quel giorno,

lo fermarono dicendogli

adesso è il momento                  è bella la vita,

vola più in alto.

Ma non ascoltò e non sorrise

e quando non ebbe più forze urlò;

non c’è più,                la vita;

il suo corpo era di pietra lucente

lanciata da una coscienza più grande

contro gli scogli del mare,

il suo corpo si dissolse

e svanì, allora capii

quel giorno che disse.

Non voltarti,

guarda sempre

il silenzio degli occhi.

Riuscirò a liberarmi

di questo brivido dell’anima

che mi chiede di gettare

I fiori fluorescenti al mare

ma il tempo uccide

e quando riuscirò

a dirti ti amo

capirò che ho perso ancora

e quel pensiero è troppo grande

per poterlo di nuovo fermare.

Quale amore filtra

dai pupazzi fosforescenti

incontrando pupille d’arcobaleno,

quale amore nasce

quando sento le tue mani di ghiaccio

e vola tra le note

di un’altra canzone,

quale amore sorride folle

alla luna

di pensieri che il vento

vorrebbe rubare.

Ho bruciato la notte

per un sorriso mai dato

per un amore mai visto

e la vita ritorna

al folle e pazzo che puliva le rose

con un vecchio straccio azzurro.

Cercherò un giorno per morire,

lascerò la vita in una notte di stelle,

notte di carnevale,

penserò che t’amo ancora

ma non ti dirò un’ ultimo ciao

perché non riuscirei a farlo

se dovessi vederti di nuovo.

 

E’ lontano quel sole,

uno specchio riflesso senza calore,

piangere non ha senso

in questa notte di stelle

perché ricordare il mio volto

è come dipingere

le rose di un’altra solitudine.

La strada verso il cielo

mi lascia dentro

quella voglia di vivere,

quella voglia di morire,

vent’anni non sono nulla,

vent’anni sono tanti

e noi, più veloci del tempo

per cercare il nostro mondo,

noi più lontani del tempo.

Ho deciso di vivere

al di là

di un cielo bruciato.

La morbida macchina

penetra i piaceri

e sputa ai dolori,

la morbida macchina

è sesso da centomila,

il sorriso artificiale

di un corpo da bruciare,

sono le mani sporche

di quello sperma mai cercato,

di un ultimo sentimento lasciato.

La morbida machina corre

ma la solitudine è rimasta,

la solitudine più forte,

nel falso piacere, tempo scaduto,

lei dice basta.

Soffici malferme stelle lontane

dipinte dal volto di un pierrot,

quale tristezza nascondi nel sorriso

e le mie parole che non sono come vorrei

forse domani…in un raggio di sole.

Un fumo d’ali

si libera nell’aere vuoto,

un volo di sentimenti

che non saranno mai,

un fumo d’ali

alza nuovi colori,

non riusciremo a guardare

se negli occhi

non esistono parole.

 

La cenere sparsa

e il sole caduto dall’alto,

una poesia per il vento

e il colore dei capelli,

una luna stanca

apparsa in un cielo stellato,

il respiro ansioso

di chi aspetta qualcuno,

nei pensieri s’allontana

e ritorna e sorride.

Una notte bruciata

di un’inutile attesa,

guardo il vuoto

e le ombre passare,

anche una notte,

notte di primavera,

può portare un profumo

che cerca d’essere vero

ma i miei occhi parlano

parole senza senso,

parole di dolore.

La mia vita di istanti rubati

e forse hai visto

i miei pastelli dipinti di un furto,

la mia vita scorre

attraverso i tuoi sogni

e un pensiero mi prende,

non so dirti se bello o triste.

 

Ti prenderò la mano

quando fuggirà il tempo dell’amore,

ti dirò di un tramonto,

noi,                    occhi senza tempo,

ti cercherò un sorriso

guardando il mare

in un giorno a venire,

ti guarderò negli occhi,

un velo di pianto,             i tuoi occhi,

ti cercherò una notte,

notte di lune azzurre.

Anche se la mia è solo follia,

in questo tempo irreale,

forse…

forse è anche bella…

la vita.

Precedente Blonde Redhead - 3 O'clock Successivo Moretti Massimo 1981 - 1983 Poesie

Un commento su “Moretti Massimo 1978 – 1981 Poesie

I commenti sono chiusi.